Di Vittorio D'Ermo (Articolo pubblicato su QuotidianoEnergia del 22 novembre 2021)
[ css=".vc_custom_1641902177431{padding-top: 0px !important;}"]Mentre ritorna lo spettro dei lock-down in Europa i prezzi del petrolio arretrano ma la forbice a favore del gas si allarga di nuovo a scapito dei consumatori; in riduzione i prodotti e i margini di raffinazione In linea con gli indicatori tecnici, che segnalavano un indebolimento dei prezzi del petrolio già dagli inizi del mese, la penultima settimana di novembre ha assistito addirittura al crollo delle soglie di resistenza dei principali “marker crudes” aprendo scenari che sembravano superati. Nella giornata di venerdì infatti il Brent è sceso a 78,4 $/b sotto la soglia psicologica degli 80 $/b raggiunta all’inizio di ottobre e che era diventata la base di partenza verso ancora più consistenti traguardi. La media settimanale è stata pari a 80,6 $/b contro gli 83,4 di quella precedente con una riduzione del 3,4 %. IL WTI, dal canto suo, è sceso poco sopra la soglia dei 75 $/b interrompendo un ciclo di crescita molto preoccupante per i consumatori. Difficile attribuire ad un solo fattore le ragioni di un crollo così vistoso ; da un punto di vista molto generale la recrudescenza della Pandemia in Europa ed il ritorno a misure drastiche come i lock-down ha avuto un impatto molto forte sulle aspettative di ulteriore crescita della mobilità di persone e merci e quindi della domanda di petrolio contrariamente a quanto ipotizzato dall’ultimo bollettino della Agenzia Internazionale per l’Energia che non ha modificato le ipotesi di crescita in precedenza formulate , diversamente dal Bollettino OPEC che ha aveva espresso una certa cautela. Le notizie più recenti in arrivo da Germania, Austria, Olanda, Russia ed altri paesi dell’Est sono decisamente allarmanti. Anche le ultime informazioni pervenute dall’EIA Doe non hanno fornito un quadro di particolare tensione con la domanda di benzina e di kerosene jet in riduzione, mentre è risultata ancora in espansione la domanda di prodotti usati prevalentemente dall’industria. Questa riduzione dei prezzi petroliferi non appare peraltro in grado di ridurre le preoccupazioni per l’inflazione dati i livelli di allarme raggiunti, che si sono estesi, ad esempio, anche a settori non petroliferi, ma collegati, come quello degli oli vegetali. Questo comparto si è trovato esposto ad un forte aumento della richiesta e quindi dei prezzi di prodotti impiegati per la produzione di carburanti verdi, che si sono trasmessi anche al settore degli oli per frittura mettendo in difficoltà molti operatori specializzati della ristorazione in città come New York. Relativamente al gas naturale, la settimana appena trascorsa ha visto ancora più allargarsi il divario con il petrolio che, per il momento, sembra trovare spiegazioni solo nella strutturale differenza tra mercato internazionale del greggio e mercato europeo del gas, fortemente dipendente dalla Russia e, in questo momento, privo di alternative valide considerata la forte richiesta di GNL da parte di altri paesi a partire da quelli asiatici. In media settimanale il prezzo del gas all’HUB TTF si è infatti attestato sugli 85,3 EURO /MWh, rispetto ai 73,2 di quella precedente nonostante un calo nell’ultima giornata, che peraltro ha interessato tutte le piazze finanziarie. Complessivamente il problema del caro energia In Europa, aggravato anche dalla debolezza dell’EURO, mantiene intatta la sua gravità e la sua centralità anche sul piano politico, per la mancanza di soluzioni di breve termine. I prezzi dei prodotti sono ancora diminuiti con riduzioni molto sensibili nell’ultima giornata di contrattazione, pur rimanendo su livelli di allarme. La quotazione media settimanale della benzina, che ha meglio resistito all’ondata ribassista, è stata, cif Med, pari a 755,5 $ /t, con una riduzione dell’1,6 % rispetto a quella precedente, inferiore a quella del Brent. La quotazione del diesel è stata di 684,7 $/t con una riduzione del 3,1 % di poco inferiore a quella del Brent, che ha permesso a questo prodotto di non perdere troppo terreno rispetto al Brent ma di perderlo rispetto alla benzina; il differenziale tra i due prodotti è infatti salito a 70,8 $/t, rispetto ai 46,4 della settimana precedente. La quotazione dell’olio combustibile, a basso tenore di zolfo, si è collocata a 523 $/t con una riduzione del 3,5 % rispetto alla precedente; la qualità ad alto tenore di zolfo è stata quotata 429,6 $/t con una riduzione dello 0,3 %. Il differenziale tra i due prodotti si è quindi ridotto a 93,5 $/t. La buona tenuta della posizione relativa dei principali prodotti rispetto al greggio ha di poco modificato, ma comunque in positivo, i margini di raffinazione, rispetto alla settimana precedente, anche se ridimensionati rispetto ai massimi di ottobre. Con riferimento ad un greggio tipo Brent lavorato a TRC, il margine medio di raffinazione in media settimanale si è consolidato intorno ai tre dollari per barile; un greggio tipo URAL si attestato sopra i quattro dollari per barile; quello su un greggio tipo Iranian Heavy si è mosso sotto i due dollari per barile. Vittorio D'ermo - Articolo pubblicato su Quotidiano Energia del 22 Novembre 2021
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata
Fonte: elaborazioni su dati stampa specializzata

Vittorio D'Ermo è Economista dell'energia; Consulente e pubblicista su temi di energia e ambiente; Docente e Professional Fellow WEC Italia. È stato Vicepresidente e Direttore dell'Osservatorio Energia di AIEE - Associazione Italiana Economisti dell'Energia.